Il ricordo degli orrori del Circeo e il mistero sulla morte di Ghira
Andrea Ghira, nato a Roma nel 1953, era figlio di un noto imprenditore edile e campione olimpico di pallanuoto, Aldo Ghira. Già dal liceo classico Andrea iniziò a frequentare ambienti di estrema destra e arrivò anche a fondare un gruppo che vedeva il crimine come mezzo di affermazione sociale.
I primi problemi con la giustizia
Nonostante provenisse da una buona famiglia, Ghira non condusse la tipica vita del c.d. “figlio di papà”, anzi. All’età di soli 16 anni, a seguito della sua partecipazione a manifestazioni di estrema destra, fu denunciato per minaccia a mano armata e lesioni aggravate. All’età di 17 anni venne arrestato per rapina aggravata e violazione di domicilio, compiuta insieme al suo amico Angelo Izzo, venendo per questo condannato a cinque anni.
Il massacro del Circeo
Dopo aver scontato alcuni anni in carcere, all’età di 21 anni mise in atto il massacro del Circeo, con gli amici Angelo Izzo e Gianni Guido, in occasione dei festeggiamenti per la sua scarcerazione anticipata che si tennero a villa Moresca, residenza estiva della famiglia Ghira. Quella sera i tre giovani picchiarono, violentarono e annegarono una studentessa di 19 anni, Rosaria Lopez, e ridussero in fin di vita la sua amica di soli 17 anni, Donatella Colasanti. Guido, Izzo e Ghira avvolsero in teli di plastica quelli che credevano fossero due cadaveri e li caricarono nel portabagagli di una Fiat 127. Poi, tornarono a Roma. Qui, intorno alle 23.30, parcheggiarono la macchina in Via Pola e entrarono in una pizzeria. Alle 2.50 circa una donna, che abitava lì vicino, sentì dei lamenti provenire dalla 127 e avvertì immediatamente i carabinieri. All’arrivo di questi fu trovata Donatella Colasanti livida e insanguinata, e accanto a lei il corpo esanime della Lopez. Angelo Izzo e Gianni Guido vennero fermati e arrestati quella notte stessa e poi processati e condannati all’ergastolo in primo grado nel 1976. Ghira, invece, fu condannato all’ergastolo in contumacia e da quel momento rimase sempre latitante.
La latitanza
Secondo alcune ricerche, Ghira avrebbe trascorso i suoi successivi 18 anni nella Legione spagnola – Tercio de Armada – sotto il falso nome di Massimo Testa de Andrès e con una data di nascita traslata di due anni in avanti. Sarebbe anche divenuto caporalmaggiore, ma trascorsi quattro anni cominciarono a sorgere dei problemi. Il 28 maggio 1980 venne arrestato e messo in carcere con l’accusa di “delitto contro la salute pubblica”, per essere stato scoperto a far uso di eroina. In seguito venne ricoverato all’ospedale militare finendo per essere espulso dalla Legione, nel 1993, “per carenti condizioni psicofisiche”.
La morte e i dubbi a riguardo
Ghira sarebbe poi morto a Melilla, nella sua proprietà, in seguito a overdose, all’età di 40 anni, il 2 settembre 1994, ma sarebbe stato trovato senza vita solo dopo una settimana. I funerali si sarebbero svolti due giorni dopo il ritrovamento, l’11 settembre, come dicono i registri del cimitero di Melilla. La croce sulla tomba, ancora oggi, reca una scritta in vernice bianca: “MASSIMO TESTA DE ANDRES, 11.04.94, RIP”. In merito alla data dell’11 aprile 1994 fu data questa spiegazione: “Quell’11 aprile 1994 che compare sulla croce è stato senz’altro un errore. Evidentemente qualcuno della manutenzione si è confuso”.
Sorse proprio qui il dubbio di un depistaggio e che quindi Andrea Ghira potesse essere ancora vivo. Dubbio manifestato, poi, oltre che da Donatella Colasanti anche da Letizia Lopez, sorella di Rosaria.
Le prove del DNA
La Procura di Roma, per fare chiarezza, chiese la riesumazione della salma, che avvenne il 14 novembre 2005 in presenza degli investigatori italiani. Fu prelevato così un femore per il test del DNA e il 26 dello stesso mese fu confermata l’identità di Ghira.
Ma secondo quanto riportato nel libro intitolato “Tre bravi ragazzi” di Federica Sciarelli, l’analisi del DNA di Ghira sarebbe stata effettuata “a cura di persona non imparziale”. L’avrebbe infatti condotta, nei laboratori dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università La Sapienza, la Dott.ssa Carla Vecchiotti: una genetista che risulterebbe allieva della Prof.ssa Matilde Angelini Rota, responsabile dell’ambulatorio per la violenza carnale dell’Istituto di Medicina Legale della stessa Università e zia di Andrea Ghira.
All’emergere di ulteriori e più forti dubbi, nel gennaio 2016, la Procura della Repubblica di Roma rispose disponendo una nuova riesumazione della salma per un secondo esame del DNA. Sulla base di campioni del midollo osseo fu, però, confermata ancora una volta l’identità di Andrea Ghira, fugando ogni sospetto.
La prova controcorrente
Secondo una foto del 1995, scattata a Roma da delle telecamere di sorveglianza, Andrea Ghira potrebbe essere ancora vivo. L’analisi dell’immagine al computer confermò, inoltre, che si trattasse proprio di lui. Tuttavia la successiva prova del DNA del 2016 avrebbe smentito questa versione. Ancora oggi, però, c’è chi non vuol sentire ragione e nutre, nonostante la comprovata verità scientifica, ancora un forte dubbio sulla morte del criminale.