foto scattata da Mauro Pelliccia

foto scattata da Mauro Pelliccia

Il Vesuvio: un vulcano che esprime tante bellezze, ma anche tanta paura.

“A muntagna”, come è stata battezzata dai partenopei, visitata ogni anno da migliaia di turisti

Il Vesuvio, uno dei vulcani più famosi al mondo, è il simbolo d’eccellenza della città di Napoli, che il popolo partenopeo ha battezzato col nome di “ a muntagna”. Coi suoi 1.281 metri di altezza, domina su tutto il golfo di Napoli: la vista da lassù è davvero mozzafiato.

Grazie  al suo clima mite e alla vicinanza la città, è diventato un vulcano prestigiosissimo in ogni parte del mondo, infatti ogni anno gli escursionisti che visitano “a muntagna” sono circa 400 mila, di cui il 70% sono stranieri. Il Vesuvio però, non è solo bellezza da visitare, perché nel lontano 79 d.c. ha fatto tremare l’intera popolazione per essere eruttato tremendamente, e radendo completamente al suolo le città di Pompei ed Ercolano, le due polis romane, risorte, poi, come un’araba fenice.

Il Vesuvio è tra i vulcani più importati dell’Europa continentale, ed è considerato uno dei più pericolosi al mondo, non solo per i fenomeni sismici che provoca, ma soprattutto per la sua vicinanza alle abitazioni. E’ monitorato costantemente da centinaia di stazioni che controllano in tempo reale tutti i movimenti  del colosso napoletano, per carpire momenti di preavviso di una prossima eventuale eruzione. Inoltre il Vesuvio è dotato di una telecamera a infrarossi che monitora le temperature interne del vulcano, ed ancora più in alto ci sono sensori che raccolgono i gas del cratere più famoso al mondo. Le informazioni che vengono raccolte da queste attrezzature sono trasferite istantaneamente all’osservatorio vesuviano. La Montagna è  molto attiva infatti ogni giorno si verificano piccole scosse che non vengono rilevate dalla popolazione. La sua strutturas è tipica del vulcano a “recito”, cioè un vulcano dentro ad un altro. Si pensi ad una matrioska: nel suo esterno c’è il Monte somma, l’unica parte del vulcano che è riuscita a restare in piedi nell’eruzione  del 79 d.c. Il Monte Somma ha subito numerose esplosioni, che hanno formato la Caldere, la più evidente chiamata “caldera Somma”; osservando  il vulcano dall’alto notiamo che il Vesuvio e la Caldera sono due cose distinte ma connesse tra di loro con una camera magmatica.

Passeggiando tra i suoi sentieri, si possono osservare le meraviglie del Golfo di Napoli e della penisola Sorrentina. Sulle strade sono disseminate sculture in pietra lavica, modellata da artisti internazionali, come quella del Maestro partenopeo Lello Esposito “Gli occhi del Vesuvio”.  Tra le salite che ci conducono nelle meraviglie vesuviane,troviamo il vecchio osservatorio Vesuviano costruito nel 1845 per volere di Ferdinando II di Borbone; da questo piazzale si può osservare un fianco del vulcano. Avviandoci in cima possiamo ammirare una magnifica vista delle colate laviche del 1944; questa posizione ci permette di addentrarci nelle parti più affascinanti del parco nazionale del Vesuvio.Salendo si giunge all’“atrio del cavallo” che è la parte ovest della caldera del Somma, dove, all’estremità opposta, sorge la “la valle dell’inferno”, qui è visibile ancora la vecchia seggiovia che è im disuso dagli anni 50.

Questo percorso  rappresenta un’esperienza unica  a quota 1000. La zona si può raggiungere con mezzi propri o pullman turistici, dato che il piazzale è adibito a parcheggio. Prima di iniziare la gran salita al cono possiamo rivolgerci l’infopoint per avere notizie utili sull’area protetta e ricevere la mappa dei sentieri.  Nel piazzale si può già godere la bellezza di una splendida veduta del Monte Somma con i Cognoli di Sant’Anastasia e poi si ammira anche la punta del nasone dell’antico vulcano, alta 1.132 metri. Per percorrere il sentiero è necessario richiedere la guida alpina della regione Campania. La salita è stata costruita su lapilli e ceneri, da qui è possibile ammirare l’interno del cratere ricco di fumarole e materiale piroclastico.

Le numerosissime eruzioni del nostro gigante han fatto si che il terreno diventasse molto fertile: famosa è la ginestra, chiamata anche fiore del Vesuvio,simbolo della rinascita dalla distruzione di lava e fuoco. Dirigendoci alle pendici del Vesuvio possiamo ammirare delle meravigliose piantagioni di frutteti (albicocche, noci, nocciole, agrumi) e

“Lacryma Christi”, Foto di Ciro Navone

viti (Caprettone, Piedirosso), questi ultimi danno vita ad un gustosissimo vino: “Lacryma Cristi”. Questo vino è così denominato perché si narra che Gesù, riconoscendo il golfo di Napoli, lo definì il  paradiso rubato e pianse lacrime copiose.

Per terminare questa bellissima avventura, non si può non menzionare il famosissimo “Piennolo”, il pomodoro del Vesuvio che beneficia della terra vulcanica, fertile, dal clima mite. Contraddistinto dal suo colore rosso ardente, la leggenda narra che le radici di quest’ortaggio si nutrano della lava stessa del Vesuvio. Il Piennolo oggi lo si trova su tutte le tavole dei napoletani. Apprezzato per il suo sapore forte, ma al contempo gradevole, viene utilizzato per condire la pasta, meglio ancora se è di Gragnano.

Il “Piennolo del Vesuvio” , Foto di Carmela Sorrentino