L’arte come terapia alternativa alla medicina tradizionale, che spesso riserva più controindicazioni che risultati
Cosa si intende con l’arte come terapia? E come può l’arte curare il corpo? Socrate diceva: “Guai a quel medico che cura il corpo senza aver curato la mente giacché da essa tutto discende”, parole pronunciate 2500 anni fa che fanno ancora rumore oggi, e si scontrano con una società che vede pazienti sempre più ipocondriaci e medici dalla prescrizione facile.
Ma forse qualcosa sta cambiando, forse qualcosa si muove verso un’altra direzione come quella dei medici di Montreal che, in collaborazione con il Montreal Museum of Fine Art, hanno ideato il progetto “The Art Hive”, che consiste nel prescrivere visite guidate al museo come terapia su pazienti con disturbi fisici e mentali.
Anche in Italia L’Istituto Clinica Humanitas di Milano ha sviluppato uno studio che attesta l’efficacia curativa dell’arte come terapia su pazienti affetti da ansia, stress e depressione.
Una passeggiata in un museo può così rappresentare un momento da dedicare alla propria salute, al tempo stesso immergersi nell’arte costringe al confronto il nostro io interiore con quello esteriore. Ed è in questo dialogo tra arte e anima che ciò che ci era sconosciuto adesso ha acceso in noi, inevitabilmente, la curiosità e l’appagamento della consapevolezza che quello che ignoravamo ieri ha un nome nuovo oggi.
L’arte come riabilitazione dell’anima quindi ci accresce, forse non ci rende migliori, ma senza dubbio fa di noi delle persone nuove.
Come nel caso dei detenuti dell’Istituto penale minorile Pratello di Bologna, dove il progetto: PAROL “scrittura ed arti nelle carceri, oltre i confini, oltre le mura”, promosso dalla poetessa Silvana Parma, che ha coinvolto dal 2013 al 2015, circa 200 detenuti da 20 carceri in tutta Europa.
Un lavoro sinergico che ha dimostrato come l’arte, possa ispirare e costruire un tessuto connettivo tra il detenuto, considerato un escluso, e la società che tende ad escludere, al fine di riattivare un interscambio di relazioni umane ed emotive che rappresentino la voce di chi, ha più bisogno di un soccorso non tanto fisico ma psichico e, perché no, artistico!
Andare ad una mostra o andare a teatro può quindi aiutarci in un brutto periodo, può risollevarci il morale. Ma in che modo l’arte diventa una vera e propria TERAPIA?
Pioniera dell’arte come cura è Edith Kramer che non solo ha fatto di questa disciplina il suo lavoro ma ha gettato le basi per quella che noi oggi definiamo ARTETERAPIA.
Il processo creativo stimola l’uomo a livello fisico, intellettivo ed emotivo, ovvero nella totalità mente-corpo: il cervello si accende e il corpo si muove, il veicolo della cura diventa esso stesso la cura!
Ciò spiegherebbe come in situazioni di grave disabilità o malattia terminale, è proprio l’arteterapia la cura non convenzionale più apprezzata dai medici.
In questi casi infatti l’arte e la sua espressione aiutano il corpo a riappropriarsi di quella dimensione che una persona malata, isolata nel proprio dolore, tende a dimenticare.
Nel caso della malattia, fare arte aiuta ad accettare la propria condizione e trasforma il dolore in qualcosa da esternare
Allo stesso modo per gravi disabilità dipingere, scrivere, fare musica diventano un mezzo sul quale la fantasia e la creatività volano e ci fanno volare, anche quando i nostri piedi sono bloccati a terra.
Occuparsi di arte, fare arte o anche solo dedicarle una giornata può davvero regalarci un intenso viaggio verso l’ignoto o verso qualcosa che forse è lì dentro di noi e che aspetta solo di uscire e prenderci per mano.
Per saperne di più visita il dito Lyceum Milano