“Questa sera si recita a soggetto” (Foto Comunicato Stampa)

“Questa sera si recita a soggetto” (Foto Comunicato Stampa)

“Questa sera si recita a soggetto”: una grande interpretazione al Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano

L’opera teatrale pirandelliana presa con indole napoletana

Termina qui il riadattamento di Vincenzo Borrelli dell’opera di Luigi Pirandello “Questa sera si recita a soggetto”, andato in scena nei weekend dall’1 al 17 Novembre presso il Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano in Via San Giorgio Vecchio, 23/31 (NA). Nel cast anche Rosaria De Cicco, con una grande esperienza alle spalle, e Marco Lanzuise.

L’opera teatrale di Luigi Pirandello, scritta tra la fine del 1928 e l’inizio del 1929, è parte della trilogia che il drammaturgo dedica al teatro nel teatro, preceduta da “Sei personaggi in cerca d’autore” e “Ciascuno a suo modo”. Il pilastro portante dell’opera è rappresentato da un adattamento della novella “Leonora, addio!”, scritta da Pirandello nel 1910 e contenuta nella raccolta “Novelle per un anno”.

Questa sera si recita a soggetto” indaga sulla posizione autoritaria del regista di teatro, figura a quel tempo innovativa nel mondo del teatro, e mette in luce i rapporti che intercorrono tra lui e gli attori e, al contempo, il rapporto degli attori con il pubblico.

La recitazione a soggetto non è altro che una tecnica dalla grande capacità di improvvisazione. Capacità che gli attori del Centro Teatro Spazio hanno egregiamente lasciato credere di possedere, quando invece non ve ne era alcuna traccia. Gli attori, infatti, sono rimasti fedeli al loro copione per tutto il corso dello spettacolo.

Mentre il pubblico del teatro è in attesa che cominci lo spettacolo, si sente una confusione di voci che man mano prende la forma di una vera discussione. Il motivo riguarda la messa in scena della commedia che deve essere rappresentata a soggetto, senza un copione determinato. L’interesse del regista coincide con una delle espressioni da lui pronunciate che hanno aperto il sipario: “il teatro è muovere le persone sul palcoscenico in una rapida manovra di luci”. Lasciando intendere la sua volontà di spezzettare il racconto in precisi quadri e di creare scene di gusto spettacolare e formale su sua indicazione, facendo così perdere l’intensità dei sentimenti rappresentati nella commedia, che riguarda una passione forte ed intensa come la gelosia, tema centrale della novella.

Di parere diametralmente opposto a quello del regista sono gli attori, che reclamano la loro libertà d’interpretazione sottolineando più volte l’espressione “proprio come avevamo concordato”, a mo’ di una provocazione verso il regista. Un disaccordo la cui manifestazione non si limita nel perimetro del palcoscenico, ma addirittura dietro le quinte, dove lo stesso pubblico viene invitato ad assistere, sorseggiando, nel frattempo, un aperitivo offerto proprio dal cast.

Il diverbio teatrale tra attori e direttore di scena (Foto di Angelo Pilia)

Nella disputa, però, sono gli attori ad averla vinta e a far proseguire, ormai in assenza del regista e delle sue osservazioni direttive, la rappresentazione della commedia che racconta della gelosia di Rico Verri per la moglie Mommina. Infatti, i trascorsi sentimentali della donna avuti con altri uomini non vengono ben digeriti dal marito, il quale, pazzamente geloso, non riuscendo a opprimere l’immaginazione che ha di questi, la costringe a rimanere segregata in casa, impedendole di truccarsi e persino di pettinarsi.

Nella povera Mommina perseguitata tornano i dolci ricordi della giovinezza, quando una delle sorelle giunge in paese per recitare Il Trovatore. Mommina nell’opera riconosce la favola della sua giovinezza e mentre sta cantando “Leonora, addio” cade a terra morta. La partecipazione dell’attrice che impersona Mommina è talmente intensa e violenta che ne rimane tramortita, sopraffatta dalla sua interpretazione.

È proprio qui che il regista si precipita a dire che gli attori avevano fatto come volevano, ma in realtà non avevano fatto alcunché di diverso da ciò che voleva lui. La creazione scenica è ormai formata, in un modo o in un altro.

Ma secondo il grande Pirandello, chi ha dunque ragione? Il direttore di scena? La sua creazione scenica? O gli attori devono “essere” le loro parti, eliminando la creazione scenica dell’autore? È un po’ come il libro per Nietzsche, che una volta scritto ha vita propria, vive per conto suo. Distaccato dalla mano di chi l’ha scritto. Ciò che a teatro si giudica non è mai l’opera dell’autore, ma questa o quella creazione scenica che se n’è fatta, l’una diversa dall’altra. Un’interpretazione fatta da certi attori sarà una e, fatta da certi altri, sarà per forza un’altra.

A chiudere lo spettacolo è Vincenzo Borrelli che afferma: “abbiamo cercato con la nostra indole napoletana di alleggerire il tutto, così da toccare il teatro come ci ha detto Pirandello. È Pirandello che va fatto come fosse Pirandello, nulla è stato inventato. Lo spettacolo di oggi è stato chiaramente più veloce di quello del 1920, anche per renderlo più reale, anche tale da non far capire se stessimo recitando o se stessimo facendo sul serio”. Entrando nel merito dello spettacolo, poi, aggiunge: “Mommina veramente è una vittima. È la vittima moderna di tutte le violenze femminili, quindi è del tutto contemporaneo.

E poi, per finire, il commento della grande Rosaria De Cicco, che dichiara: “sostenete il piccolo teatro, sostenete il centro teatro spazio, ne vale la pena”.