“L’anno in cui imparai a leggere”: Marco Marsullo torna in libreria con una storia sul significato di famiglia e sulla figura del genitore
“L’anno in cui imparai a leggere”: presentazione del libro alla libreria La Bottega delle Parole, ore 18:00, o giù di lì, perché “scusatemi ma c’era traffico”, poi si toglie la giacca Marco l’appoggia alla sedia e fa i saluti di rito. Una saletta accogliente, ci stringiamo con le sedie per starci tutti, l’atmosfera è intima come intimo è questo libro, lo si evince dal titolo “di solito i titoli si scelgono con l’editore, ma questo l’ho scelto io, non poteva chiamarsi in un altro modo” ci spiega Marco Marsullo, “è un libro che mi ha fatto riscoprire la gioia del mio lavoro come quando era ancora una semplice passione: anni veloci, pubblichi otto libri, poi però hai bisogno di fermarti e cercare qualcosa che ti stupisca ancora come la prima volta”
“L’anno in cui imparai a leggere”, edito da Einaudi, è un libro dove i protagonisti scoprono desideri che non sapevano di avere, come Niccolò e il desiderio di paternità, Andreas e il desiderio di una vita senza impegni nonostante la paternità, o dove fanno scelte che non immaginavano di poter fare, come Simona che lascia il figlio al compagno per rincorrere un sogno: una donna, due uomini e un bambino, una storia sentimentale, che non parla di triangoli amorosi ma di partenze dolorose, di arrivi improvvisi, di biscotti per la colazione e di crescita.
Di solito le storie che trattano il tema della famiglia ci raccontano di litigi e di divorzi e “di bambini che fanno da bilanciamento o da merce di scambio nelle separazioni, io invece volevo raccontare di quanto i bambini fossero molto più seri di noi adulti, a trattare con i sentimenti e quanto il loro piccolo cuore fosse forte, quando è messo a dura prova”
Qualcuno chiede “È un libro autobiografico?” Marco è categorico “No! Anche se il protagonista Niccolò è uno scrittore di 25 anni in cerca dell’ispirazione per il suo nuovo libro, ma no, non parla di me!”
“Ma come può una madre essere così egoista e abbandonare suo figlio per un capriccio?” “Simona è diventata madre a venti anni e a quest’età non si è pronti, forse non lo si è mai. Simona ha accettato questa responsabilità e nei primi anni di vita di suo figlio Lorenzo ha messo da parte il sogno di fare l’attrice, ma adesso si sente pronta a fare questo passo perché ne ha bisogno. Io credo che uno scrittore sia consapevole quando un suo personaggio rischia di essere giudicato dal lettore, io non ho voluto rappresentare Simona come una madre degenere bensì come una donna alla ricerca di un motivo per non sprofondare nel rimpianto.”
“Quindi il cattivo è Andreas?” “Nel libro non ci sono buoni e cattivi, ci sono persone con dei sentimenti a contrasto ma che allo stesso tempo si appoggiano l’un l’altro per gestire la situazione. Andreas è un giovane musicista che non ha mai voluto fare il padre, non sa nemmeno che faccia abbia Lorenzo, ed è un uomo in crisi artistica, quando all’improvviso piomberà nella sua vita, e in quella di Niccolò.”
La vita è quella cosa
che ti capita mentre sei impegnato
a fare altri programmi
Proprio come accade ai tre protagonisti del libro, tre vite e tre modi diversi di affrontare la vita e le sue conseguenze. Non lo so come finisce la storia – non faccio spoiler – come ripete Marco per quasi tutta la presentazione, sta a voi, a chiunque di noi, il piacere di scoprirlo andando a leggere questo libro. La mia idea, da spettatrice e da madre, è che questa non sia la solita storia sull’amore perduto e poi ritrovato o sulla rivincita di una madre sola, ma sia una storia semplice, sul significato di famiglia e di appartenenza senza un cognome che lo attesti.
Mi metto in fila con gli altri, una dedica sul libro e un saluto all’autore, poi gli chiedo:
“Nel libro “I miei genitori non hanno figli” il protagonista è arrabbiato con i suoi genitori, con “L’anno in cui imparai a leggere” riabiliti il ruolo del genitore? “Si, e ti dirò di più, questo libro è come un continuo di quello precedente, infatti la casa dove Niccolò va per raccogliere le sue cose, è la casa dei genitori, de “I miei genitori non hanno figli”, è un passaggio dall’essere figlio all’essere padre”
“Ma cosa ne pensano Niccolò e Lorenzo di genitore 1 e genitore 2 della Meloni? Marco sorride “Le direbbero che si può fare e loro ne sono un esempio, che essere padre o fare il padre sono due cose diverse e che puoi considerarlo tuo figlio anche quando non ha i tuoi stessi zigomi!