Le associazioni di San Giorgio che non si sono fermate durante la quarantena, per supportare quella fascia di popolazione che ora “ha perso voce”. In questa seconda parte, TAM-Tieni A Mente.
Nella prima parte si è letto di come le associazioni rappresentino uno strumento efficace per accorciare le distanze tra gli enti ed il singolo cittadino. Un’altra realtà molto importante tra le associazioni di San Giorgio è la TAM-Tieni a Mente, nata da un gruppo di psicologi con l’obiettivo di occuparsi di tutte le persone che versano a vario titolo in uno stato di disagio psicologico e sociale. Con particolare riferimento all’Alzheimer e all’Autismo. Tam, tra le tante collaborazioni e i vari riconoscimenti, fa parte di Alzheimer Uniti Italia, ed è attiva come centro per tirocini per psicologi sia con la Federico II che con l’Università Vanvitelli. Abbiamo parlato con Fabio Matascioli, psicologo nonché presidente dell’associazione Tam.
Che attività avete realizzato finora?
“Oltre allo sportello di orientamento psicologico, il primo grosso progetto finanziato è stato “Caffè Alzheimer” nell’ottobre del 2013. In parallelo siamo subito partiti con una serie di attività sul versante dell’autismo. Come l’invio di psicologi a casa per aiutare i genitori a gestire e a imparare a fare terapia individuale con bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico. Quest’attività si è poi evoluta in quella che oggi si chiama ABA Education.
Progetti di inclusione sociale attraverso lo sport, come mediatore culturale. Nello specifico il tennis. Facemmo una sorta di open day allo Sporting Club San Giorgio, durante il quale facemmo provare una serie di sport attivi ai bambini. Furono proprio loro a scegliere il tennis, che rispetto ad altri sport non presuppone il contatto fisico, che non sempre è vissuto da loro come un qualcosa di piacevole.
Nell’ottobre del 2013 siamo partiti con un’attività di recupero scolastico per i bambini con disturbo specifico dell’apprendimento.
Durante le pause estive abbiamo organizzato dei campi estivi di integrazione sociale. I nostri bambini dunque erano sempre a contatto con dei bambini cosiddetti normotipici, in modo da lavorare in vivo sulle social skills.
Nel 2017 siamo partiti con un progetto pilota “campagna solidale” di inserimento lavorativo di ragazzi con disturbo dello spettro autistico, in partenariato con la cooperativa Tam che negli anni è nata, con l’associazione Andare Oltre Onlus, e l’azienda agricola sapori vesuviani che è un’azienda agricola di portici.
Abbiamo utilizzato l’agricoltura anche come mediazione tra anziani con segni di demenza e bambini dell’associazione il mandorlo, minori cosiddetti “a rischio”. Ribaltandosi i ruoli, erano i bambini che davano una mano agli anziani a tenere una sorta di orto verticale all’interno della sede della cooperativa Bamboo. Anche questo progetto finanziato dal CSV di Napoli.
Dal 2017 siamo diventati ente accreditato per l’erogazione del servizio civile, che fino ad ora dedicato ad attività a sostegno di pazienti con Alzheimer, all’interno di quello che oggi è diventato un centro diurno per l’Alzheimer, così come, sebbene a distanza di otto anni, ci eravamo prefissi quando abbiamo fondato la Tam.
Infine il progetto dello sport è stato finanziato nella sua ultima edizione, con il nome “Sport per tutti”, dal Ministero delle pari opportunità.
I progetti attivi da poco più di un anno: musicoterapia, individuale per i bambini e per gli anziani; psicomotricità; è in conto di attivare una sorta di servizio per la consulenza della comunicazione aumentativa alternativa.”
L’associazione avrà sicuramente risentito negativamente degli effetti del covid-19. In che modo?
“L’associazione ne ha risentito negativamente, sì, ed infatti siamo chiusi, sia con le attività per l’autismo che per l’Alzheimer. Questo perché essendo due popolazioni particolarmente a rischio, già precedentemente all’uscita dei divieti, per una questione morale e di salvaguardia della loro salute abbiamo deciso di sospendere le attività. Per quanto riguarda l’Alzheimer siamo ripartiti rimodulandole in modalità “smart working”: noi non incontriamo fisicamente il malato, che è seguito dal caregiver, che spesso è il marito o la moglie, però suggeriamo le attività da seguire, che pubblichiamo sul nostro canale youtube. Giochi cognitivi, musicali, un laboratorio d’arte, sulle autonomie, sulla ginnastica dolce, in modo tale da dare alle persone che già seguivamo un certo grado di cadenza temporale, dando loro la sensazione di venire al centro.
Il risultato ovviamente non è lo stesso di quando l’attività la svolge in prima persona il terapeuta, però abbiamo avuto dei risvolti positivi: i caregiver si stanno riappropriando di un ruolo di non esclusiva assistenza materiale, piuttosto del ruolo all’interno di un rapporto fatto di risate, a volte anche di sconforto per la poca collaborazione del familiare, ma che comunque va oltre il solo supporto materiale.”
Quale può essere l’impatto che ha la pandemia sulle persone che voi supportate come associazione?
“Posso immaginare, in quanto tecnico, quale possa essere il vissuto emotivo di chi invece non ha avuto supporto. In termini di burnout, trovandosi in casa con chi ha problematiche anche comportamentali, e questi ultimi, non comprendendo una parte della realtà a causa di problemi cognitivi, mostrano talvolta comportamenti apparentemente irrazionali. E dico apparentemente perché anche la reazione più bizzarra ha in realtà una sua ragione, che si può comprendere se si ha un know-how, o comunque se si è supportati. Per cui immagino lo sconforto di chi non ha avuto la possibilità di seguire questo tipo di percorso. Col rischio di ricorrere in una maniera maggiore a farmaci e sedazioni di tipo chimico.
Per quanto riguarda l’autismo la situazione è differente, poiché il caregiver è tendenzialmente un genitore molto preparato, che ha potuto trovare un know-how per gestire determinate situazioni. Nonostante ciò la regione Campania ha dovuto fare una delibera per salvaguardare i genitori di figli con disabilità intellettiva per consentire loro di scendere nonostante la quarantena. Questa situazione è già difficile per noi. Facilita particolarmente lo stress per loro e per chi sta loro accanto.
Noi abbiamo messo a disposizione i nostri supervisori, anche semplicemente attraverso un supporto telefonico. Questo tipo di intervento può avere un senso perché il supervisore già conosceva il bambino, sa già fare analisi funzionali di determinati suoi comportamenti. Tutt’altra cosa sarebbe prendere in carico persone che non si conoscono proprio in questa fase. Con Asso Utenti Campania abbiamo attivato uno sportello psicologico in questa fase in modalità smart per coloro che, a prescindere da particolari disabilità, si trovino in uno stato di attivazione. Immagino per esempio tutti quelli che potevano avere già la paura di essere contagiati da virus o batteri e che ora vivono questa condizione come una profezia che si è avverata.”
In che modo la società può collaborare con voi (raccolte fondi, volontariato e così via)?
“Tutti i modi sono ben accetti. Per quanto riguarda il volontariato, da quando siamo nati abbiamo avuto la fortuna di avere un volontariato specializzato, con fisioterapisti, colleghi psicologi o studenti di psicologia, che hanno prestato ore del proprio lavoro per darci una mano. Sicuramente ciò è una fortuna perché ci ha consentito di mantenere molto alta la qualità degli interventi. Ma anche la persona non tecnica che sia semplicemente armata di buona volontà è la benvenuta. Le associazioni le intendo come le famiglie. “In famiglia c’è sempre qualcosa da fare” e la stessa regola vale per le associazioni. Oltre ciò che riguarda la società civile, le istituzioni hanno e devono fare il loro, e non soltanto per quanto riguarda Tam. E’ una sorta di supporto per interposta persona per quanti noi, come associazioni, cerchiamo di aiutare.
Sicuramente oltra al volontariato, la raccolta fondi è uno dei mezzi privilegiati in quanto tutte le attività non possono essere realizzate se non c’è una base economica.
Le associazioni possono inoltre fungere da mini laboratori per sperimentare interventi nuovi. A differenza di strutture pubbliche, le associazioni sono più snelle nelle procedure e istituzioni di attività. Ciò, se gestito con rigore clinico e scientifico, può permettere di iniziare a sperimentare nuove prassi per affrontare le problematiche. Questo è quanto è successo con l’ABA a Caserta. Il tutto è partito da associazioni di genitori che hanno portato questo approccio dagli Stati Uniti, con anche il supporto di supervisori americani. Le evidenze scientifiche hanno confermato la validità di questo approccio, che dunque è stato seguito poi anche dalle istituzioni.
Inoltre ringrazio te e il Caffè Sospeso perché state dando voce a una serie di persone che, causa emergenza (come naturale che sia), hanno perso voce.”