Dopo l’Ateliere de Lumières e le Carrières de Lumières, i Culturespaces inaugurano in un ex bunker nazista il più grande centro di arte digitale “sull’acqua”
Si tratta proprio di una ex base sottomarina nazista della Seconda Guerra Mondiale, già struttura ricettiva, che con un notevole restauro, costato dieci milioni di dollari, si è trasformato in un enorme museo di arte digitale, e con i suoi 40 mila metri quadri di esposizione si preannuncia come il più grande centro dedicato all’arte che si sia mai visto.
L’inaugurazione del Bassins de Lumières, prevista per il mese di aprile ma rimandata a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, è stata spostata al dieci giugno e accoglierà i suoi visitatori con un ricco e variegato calendario di mostre e performance di artisti storici e contemporanei.
Si parte con la mostra, a cura di Gianfranco Iannuzzi, Renato Gatto e Massimiliano Siccardi, Gustav Klimt: gold and colour, le cui opere saranno proiettate sui muri che sovrastano le grandi vasche d’acqua e che a loro volta, riflettendo le immagini, offriranno agli ospiti la sensazione di “nuotare” nell’opera.
Non solo immagini a Bassins de Lumières ma anche musica: sono i temi cardini della mostra di Paul Klee: dipingere musica che porta in scena attraverso proiezioni sull’acqua e un concerto subacqueo un’esperienza totalmente immersiva.
Camminando su delle passerelle i visitatori potranno addentrarsi all’interno del bunker e attraversando bacini, cisterne e cunicoli partire per un viaggio surreale fatto di pareti che fluttuano e pavimenti invisibili.
Parola d’ordine: reinventare
Bassins de Lumières non è il primo esperimento di museo d’arte digitale messo su dalla Culturespaces, l’azienda leader nella creazione e gestione di spazi convertiti in centri d’arte. È il caso dell’Atelier de Lumières, il museo digitale realizzato in una ex fonderia di Parigi risalente al XIX secolo, il cui scheletro d’acciaio grande 3300 metri quadrati, fa da cornice ad un sistema multimediale composto da 140 proiettori che offrono ad ogni esibizione più di 3 mila immagini.
Chiamato invece Carrières de Lumières lo spazio dedicato all’arte digitale ricavato da un’ex cava per l’estrazione della bauxite. Un restauro costato 2 milioni di dollari che ha permesso a 7 mila metri quadri di roccia di aprire le porte agli amanti dell’arte performativa. Ecco che artisti del calibro di Picasso, Chagall e Dalì si dilatano lungo pareti alte 14 metri accerchiando lo spettatore, al quale non resta che farsi rapire completamente.
Spostandoci in Corea del Sud troviamo il Bunker de Lumières creato grazie alla collaborazione con la TMONET, azienda coreana specializzata in nuove tecnologie. Lo spazio scenico di 1150 metri quadri, allestito in un vecchio bunker di comando sulla collina di Jeju, è diviso in sale di diversa grandezza, partendo dalla più piccola si arriva alla più grande dove un’istallazione di specchi posti su dei pilastri mostrano le immagini tra riflessi e prospettive artistiche.
L’arte digitale rimpiazzerà l’arte tradizionale?
Come se al mondo esistesse una tipologia di arte, quella digitale è spesso accusata di voler spodestare o meglio distrarre il pubblico dalla vera arte: quella dei musei con la moquette rossa, delle sedie con scritto “non sedere qui”, delle guide appassionate e delle file interminabili. L’arte digitale strizza l’occhio ad un linguaggio artistico certamente diverso, che non vuole fermarsi al rimirar dell’opera appesa al muro ma pone lo spettatore all’interno dell’opera stessa. I percorsi d’arte proposti dal collettivo Culturespaces ne sono un esempio: andare aldilà del messaggio di fruibilità dell’arte costruendo un ambiente artistico che faccia vivere a 360 gradi l’artista e le sue opere.