L’ukiyo-e: una tecnica di stampa nata in Giappone e esportata in occidente, che rivoluzionò in maniera determinante la percezione degli artisti europei. Tra i quali Van Gogh, che ne acquistò centinaia di copie. Oggi, tra tradizione e innovazione, continua ad avere Tokyo come sua principale fonte d’ispirazione.
Con il termine Ukiyo-e (che assunse il significato di «pittura della vita che passa, del mondo fluttuante») ci si riferisce alla scuola pittorica nata in Giappone alla fine del 17esimo secolo e, di riflesso, alla sua tecnica artistica principalmente utilizzata, ossia la stampa con incisione di matrici di legno.
Il ponte con l’Occidente
Nel 19esimo secolo, con il rinnovamento Meji, che seguì la fine dello shogunato e portò alla restaurazione del potere imperale, il Giappone, completamente rinnovato nella sua struttura sociale e politica, si aprì agli scambi con l’Occidente. Ed è a questo punto che le xilografie iniziarono ad essere usate come materiale da imballaggio per ceramiche ed altri oggetti destinati all’Europa.
Questi attirarono l’attenzione di mercanti, artisti, critici e viaggiatori, il cui interesse per il Sol Levante crebbe a dismisura negli ultimi decenni del secolo. Complice fu anche l’esposizione universale di Parigi del ’78, nella quale l’arte nipponica ebbe notevole spazio. Proprio la capitale francese divenne il riferimento di artisti e collezionisti di tutta Europa. Nel 1862, infatti, venne aperto il primo negozio parigino dedicato all’importazione di opere d’arte orientali (“Le Porte Chinoise”).
Tra gli artisti occidentali che sentirono maggiormente l’influenza nipponica: Van Gogh, Monet, Degas, Renoir, Klimt.
In modo particolare, Vincent Van Gogh, ossessionato dai colori, la semplicità e la prospettiva delle xilografie.
Infatti, Van Gogh dedicò molto tempo alla reinterpretazione di stampe giapponesi, delle quali però non riuscì subito a riprodurre la luminosità cromatica. Così decise di trasferirsi ad Arles, nel sud della Francia, per circondarsi di luce e colore. I paesaggi lo entusiasmarono a tal punto da scrivere al fratello: “mi sento come fossi in Giappone”.
Le xilografie ukiyo-e
Dunque, “Ukiyo-e”: fogli di carta dai colori sgargianti i cui soggetti di maggior successo erano attori del teatro kabuki, geishe, paesaggi e uomini ritratti nella loro vita quotidiana. I colori erano piatti ma luminosi; la bidimensionalità e l’assenza di chiaroscuro compensati dalla morbidezza delle linee curve, che suggerivano il movimento.
Lo stile giapponese rappresentò una vera e propria ondata di aria fresca. Tant’è che portò alla coniazione del termine “japonisme”, una forma di orientalismo che attraversò le belle arti, la musica, la letteratura, la moda e l’arredamento europei, e che si spense quando l’arte giapponese perse la sua freschezza, nei primi decenni del 20esimo secolo.
Come si realizzano?
L’ukiyo-e è un tipo di stampa realizzata attraverso vari passaggi. Il primo è il disegno, ossia il bozzetto che viene poi fissato su un primo blocco di legno. Solitamente di ciliegio, il primo blocco viene intagliato e servirà per la stampa del contorno nero. Poi, per ogni colore, viene intagliato un blocco di legno differente. Dopo l’intaglio, vi è l’applicazione del colore. Si procede con la stampa del colore più chiaro fino a quello più scuro, facendo attenzione a imprimere le zone piccole del disegno (quelle più dettagliate e minuscole) per prime.
Prima frutto delle mani di artisti come Hokusai o Utamaro, le xilografie ukiyo-e iniziarono ad essere prodotte da artigiani a seguito dell’aumento di domanda in occidente. Quindi, persero gradualmente la rilevanza artistica in madrepatria, per poi riacquistarla, influenzando, ad oggi, tantissimi giovani artisti (tra i quali sopratttutto i mangaka) che provano a creare nuovi stili, fondendo innovazione, ricerca e legame con la tradizione.
Però il legame più forte resta quello con la città di Tokyo, fonte principale d’ispirazione per questi giovani artisti, così come allora rappresentò la culla perfetta per la nascita di questo emblematico stile.