Oltre il libro di lettura scolastico, molti bambini non leggono altro.
La civiltà dell’immagine e della digitalizzazione ha messo all’angolo il libro e questo lo si vede in ogni luogo: nelle sale d’attesa, nei vagoni della metropolitana, nei parchi o sulle spiagge, fin dentro le nostre case.
La testa china del lettore sulle pagine del libro sembra aver lasciato il posto al movimento veloce della mano sugli smartphone che consente lo scorrere rapido da un’informazione all’altra: dall’utilizzo del web ai videogiochi, dal cinema, alle serie televisive e ai cartoni animati. Tutto ciò ha come conseguenza quella di esercitare sempre meno alla fatica (e al passo) della lettura e alla padronanza di codici comunicativi ed interpretativi più complessi, dal momento che attraverso i video passano in prevalenza contenuti e linguaggi semplificati e banalizzati.
Sembra di preparare così dei “bambiniconsumatori” anziché persone con la capacità di esercitare un giudizio critico. Vuol dire allora che otto anni di scuola obbligatoria non riescono a creare un’abitudine alla lettura.
Da subito il bambino diverrà buon lettore se gli adulti nutrono il suo entusiasmo invece di dimostrare a se stessi la propria competenza, lo accompagnano nel suo sforzo senza accontentarsi di aspettarlo quando sarà pronto, accettano di perdere qualche serata invece di tentare di guadagnare tempo, alimentano questo piacere, riscoprendo loro stessi.
E poi, siamo sinceri, farsi vedere con un libro in mano e seriamente appassionati alla lettura vale molto di più di tanti discorsi ed ammonimenti. E se i ragazzi cercano con ogni mezzo di essere ammirati non bisogna pensare che sia per loro, come per gli adulti, solo una questione di ambizione: è una vera e propria sopravvivenza identitaria, di ruolo sociale, minacciato continuamente dalla mortificante omologazione.
Cosicché quando la narrativa “colta” ha esaurito le sue possibilità di arricchire l’esperienza per liberarla dalla morsa della ripetizione, la letteratura per l’infanzia giunge da soccorritrice per rialimentare la vena creativa.
Questo spirito non si è spento (per la mia e la felicità di molti!) nemmeno in questi ultimi anni in cui siamo in una fase ascendente del mercato editoriale dovuta a un’offerta ormai sempre più condizionata dalle esigenze di marketing. I grandi scrittori per l’infanzia custodiscono uno straordinario dono: conservano quell’“occhio interiore” capace di aprire i cassetti segreti. Solo lì, seduto tra quelle comode pagine, il bambino si sente preso sul serio nei suoi intensi e contradittori desideri, legge di infanzie particolari, assurde, ma in grado di dialogare con quelle vere e probabilmente con la sua.
Capita spesso che nella letteratura per ragazzi, la trasfigurazione della realtà avviene grazie alla presenza di elementi magici e fantastici che non segnano un distacco verso il reale, anzi, il bambino, o ragazzo, attraverso il fantastico crea un’alternativa alle regole del reale ed è così in grado di allontanarsi, seppure per poco, dai problemi concreti della vita quotidiana.
Prendiamo ad esempio la storia di Harry Potter. Harry Potter è un predestinato, ma all’inizio non è consapevole del suo destino e dei suoi poteri. Vive orfano, figlio di maghi, nella casa degli zii che per lui è una prigione. Una lettera è lo strumento per allontanarsi dalla famiglia adottiva e avviare il suo percorso scolastico alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, che si presenta come un universo parallelo rispetto alla sua realtà familiare.
Hogwarts ripropone gli aspetti tipici dell’ambiente scolastico, ma un po’ più “magici”. L’invenzione di una diversa dimensione spazio-temporale rappresenta lo strumento per sconfiggere fame, asservimento e rendere possibile la realizzazione dei desideri interiori, come quello, per Harry, di andare via di casa, e subito!
J.K. Rowling, la mente geniale e creatrice della saga, evidenzia come molti aspetti della vita di Hogwarts sembrano riprodurre vizi e problemi della nostra società contemporanea: il carattere classista della scuola, la presenza di insegnanti assolutamente inadeguati, la competitività, le ingiustizie, il consumismo sfrontato.
Harry Potter affronta momenti drammatici, tra cui la scoperta di un padre che per anni aveva idealizzato. Si allenta così il rispetto generazionale e cresce la sua consapevolezza di avere di fronte scelte molto difficili.
I personaggi anticonformisti o strani, sia in senso positivo che negativo sono al centro di molte storie per ragazzi.
Ribelle e straordinaria è Matilde di Roald Dahl. Matilde è una bambina che ha imparato a leggere a tre anni e, a quattro, ha già divorato tutti i libri della biblioteca pubblica. Perciò è un genio, ma in una famiglia di disonesti e teledipendenti. Quando comincia a frequentare la prima elementare si annoia talmente tanto che la troppa intelligenza le provoca una sorta di mutazione degli occhi che le diventano incandescenti sprigionando un potere magico in grado di sottomettere la maligna direttrice Spezzindue.
L’eroe de Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon, Christopher, è un quindicenne outsider con la sindrome di Asperger, per cui manifesta strani disturbi comportamentali (nel suo caso, l’odio di essere toccato, la difficoltà a comprendere gli esseri umani, l’odio per il marrone e il giallo in contrapposizione al suo amore per il rosso). La sindrome però gli permetti di essere un genio nei quesiti di logica. L’isolamento dalle emozioni e la sua naturale predisposizione rendono Christopher un grande appassionato della matematica.
O ancora L’inventore di sogni di Ian McEwan: Peter è un bambino dotato di una forte immaginazione a cui gli adulti non danno peso, anzi lo considerano un ragazzo difficile e distratto. Le sue continue distrazioni gli causano spesso problemi, come quando dimentica la sorellina sull’autobus o resta imbambolato davanti ai fogli bianchi dei compiti in classe.
Gli insegnanti credono che non conosca le risposte, ma la verità è un’altra: Peter è troppo impegnato a pensare e immaginare cose ben più complicate.
Un giorno, si trasferisce a casa di Peter sua zia Laura con il figlioletto Kenneth. Il ragazzo detesta il cuginetto che gli distrugge i giocattoli e i giornalini preferiti. Il suo modo di mangiare lo disgusta, come la sua abitudine di mettere tutto in bocca. Per una strana magia, però, il ragazzo si ritrova nel corpo del cuginetto, tornando così alla prima infanzia.
Rivive tutte le emozioni e le sensazioni di un neonato e si rende conto del perché di alcuni comportamenti come il bisogno di prendere gli oggetti e portarli alla bocca. Si rende conto anche di come si soffre quando si viene guardati male da qualcuno a cui non piaci. Infatti, Kenneth, dal corpo di Peter, gli lancia sguardi carichi d’odio e disgusto che lo feriscono profondamente e lo mettono a disagio. Quando Peter, all’improvviso, si ritrova di nuovo nel suo vero corpo, tutto il suo risentimento nei confronti del piccolino è completamente sparito, anzi è mutato in simpatia e affetto e capisce che crescendo ci saranno altre nuove, meravigliose avventure da vivere.
Il suo “potere” è un incoraggiamento per tutti: credere sempre nei propri sogni e nell’immaginazione, anche se strana, perché solo quella permetterà di reagire in maniera positiva alle difficoltà.
Siamo attratti dagli outsider, da sempre, e se anche i narratori lo sono è perché, senza dircelo, ci somigliano.
Serena Palmese