“Non è vero, ma ci credo” affermava il filosofo Benedetto Croce, la cui mentalità è ripresa spesso dalla napoletanità. E voi cosa pensate?
Anche quest’anno è giunto Halloween ed il suo tradizionale “dolcetto o scherzetto?” Ma è anche il giorno dell’horror, degli scherzi e delle maschere da brivido. Gli adolescenti (e non) si riuniscono spesso per vedere film di paura o per raccontarsi leggende macabre a lume di candela. Per l’occasione abbiamo deciso di riportare 7 storie di fantasmi della Campania, alcune divertenti, altre decisamente meno.
1. Bombole o bambole parlanti?
La protagonista di questa storia è una ex fabbrica di bombole, termine spesso confuso con le più terrificanti “bambole”. Ci troviamo nella città di San Giorgio a Cremano, in un punto impreciso. La fabbrica è stata chiusa in seguito ad un incendio, avvenuto in un lontano gennaio.
In occasione di questo triste giorno, al suo interno si sentirebbero dei vocii e uno strano rumore metallico. Come se in quel giorno la fabbrica riprendesse vita ed i suoi operai tornassero a lavorare. Purtroppo dai finestroni si intravedono anche fiamme e lapilli. Il giorno dunque si conclude con quel terribile incendio, anche nell’aldilà.
2. Uno spettacolo fantasma
Ora siete a Portici, state camminando da soli in silenzio e tranquillità. Ad un tratto un gruppo di attori comici compare sulla balconata di Villa Meola, con il marchese Carlo Danza. Fin qui tutto appare divertente, fin quando quei corpi scompaiono e riappaiono, oltrepassano finestre e pareti, non hanno consistenza o forma. Eppure ballano e cantano, terrorizzando i vari passanti. Ma a ben pensarci non fanno nulla di male: anche da morti intrattengono il pubblico!
3 e 4. L’antitesi della collina Vomerese: alcuni fantasmi giocherelloni ed altri tristi e terrorizzati
Luogo diverso, epilogo simile. Questa volta ci troviamo sulla Pedamentina, sulla scalinata che collega la Certosa di San Martino con il centro storico della città di Napoli. Lungo il suo sentiero bisogna stare molto attenti perché c’è uno spettro vestito di bianco davvero burlone, che spaventa i vari passanti. Potreste vederlo oltrepassare i muri, oppure ridere e urlare.
Poco più avanti, Castel Sant’Elmo rivela un episodio molto più triste. Si dice infatti che nelle prossimità di un cancello a sud della fortezza le guardie uccidessero tutti coloro che tentavano di assalirla. I loro corpi venivano poi dati in pasto ai topi, giù nei sotterranei. Da lì, sembra che provengano ancora oggi alcuni lamenti, urla strazianti e pianti.
5. “Andate via dal mio castello“
Esistono poi alcuni fantasmi più territoriali, che hanno meno voglia di giocare e vogliono solo che l’intruso vada via. È il caso di Hotel Eremo sulle pendici del Vesuvio a ridosso dell’osservatorio Vesuviano, nel comune di Ercolano. Secondo alcune dicerie popolari sarebbe abitato da spiriti inquieti, che si manifestano tramite delle voci che urlano “andate via”. Non ci sorprende data la situazione attuale in cui versa il luogo.
L’hotel venne costruito nel 1902 da John Mason Cook ed era riservato ad eleganti ricevimenti. Oggi in sua testimonianza resta solo la cancellata malridotta, il suo nome e qualche sterpaglia. I suoi tre piani sono stati interamente vandalizzati: sulle sue pareti si leggono frasi a sfondo sessuale e diabolico, sui pavimenti ci sono cocci e vetri mentre la statua di Gesù nel cortile di ingresso ha gli occhi dipinti di rosso. Può darsi dunque che queste povere anime vogliano continuare a divertirsi insieme e non accettino, giustamente, queste azioni barbare.
6. ’a sposa ‘e Capodimonte.
Nei racconti horror non mancano mai le spose fantasma. In questo caso ci troviamo presso la Basilica dell’incoronata Madre del buon consiglio a Capodimonte. Sulla sua scalinata, nella stagione primaverile, si manifesta una donna col viso coperto da un velo bianco. Attende ancora lì il giorno del suo matrimonio, interrotto dalla sua tragica morte per tisi.
7. La storia di uno “spirito bollente”
Concludiamo infine il nostro tour con una donna adirata, che ancora oggi non accetta il suo epilogo. Si tratta di Giuditta Guastamacchia, il cui spirito vaga ancora tra i corridoi di Castel Capuano. (Ed è meglio non imbattersi in lei). Durante la sua breve vita uccise suo marito in modo davvero barbaro ed inquietante. In primis fu strangolato da un barbiere con una corda, con le ginocchia della moglie ben piantate sul petto per accelerarne la morte. Con l’aiuto di un chirurgo il corpo venne fatto a pezzi e poi bollito in un calderone di acqua bollente, per evitare la fuoriuscita di sangue. Infine i vari pezzi vennero messi in un sacco, da disseminare fuori città.
Un piano perfetto che non aveva previsto la comparsa delle guardie, che scoprirono ogni cosa. I tre furono dunque condannati all’impiccagione e i loro capi esposti alla Vicaria, secondo la consuetudine di allora. Era il 1799 (e se ne parla ancora).
E voi cosa preferite? Una storia divertente o vi piace urlare come Jen Lindley?
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