Affermazione LGBT e la teen community, forme di nuova serialità

Nel corso dei decenni cresce è cresciuto quel filone di tematiche che non necessariamente si fanno portatrici di un processo formativo, ma che si pongono l’obiettivo di mostrare il variegato, spensierato, ma anche quanto mai disinibito e fragile mondo della teen generation.

Se facciamo un balzo indietro vediamo, in tal senso, qual è stato il primo momento di snodo importante a cavallo tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta: «non era più sufficiente raccogliere l’audience maggiore possibile – scrive Gianluigi Rossini –, bisognava anche avere gli spettatori ai quali gli inserzionisti fossero maggiormente interessati: adulti tra i 18 e i 49 anni urbanizzati. Essere in cima alla classifica degli ascolti non era più una vittoria se nei maggiori centri urbani si era terzi, o se il pubblico più fedele era costituito da ultracinquantenni. I network scoprirono l’importanza di un “mercato dei giovani”, cercando di rendersi più appetibili a loro».  Prosegue Hilmes: «Il pubblico dei giovani si ribellava contro i valori della generazione dei genitori, per questioni razziali-sessuali  ma anche politiche. Volevano vedere più persone come loro in televisione, in grado di prendersi le libertà che erano diventate importanti per loro. Soprattutto, volevano realismo».

Una delle serie capostipite, nell’eccezione più moderna, rispetto al tema generazionale fu Thirtysomething, creata da Marshall Herskovitz e Edward Zwick: «era una ensemble drama inedito, privo di appartenenza di genere, contrario a quasi tutto il precedente visto in televisione. Il gruppo di protagonisti non era né legato da vincoli familiari né da uno stesso ambiente lavorativo. L’unico elemento in comune tra i sette personaggi principali (due coppie e tre single) erano l’amicizia e le caratteristiche socio-demografiche (poco più che trentenni, istruiti, moderatamente agiati, alle prese con il conflitto tra gli ideali di gioventù e la realtà della vita adulta). Questa serie può essere individuata anche come la capostipite del sottogenere soap drama che influenzerà nella creazione futura di serie come Seinfeld, Friends e successivamente teen drama da Beverly Hills 90210 a Dowson’s Creek», dice ancora Rossini.

A proposito di queste ultime serie menzionate, che inaugurano un filone di successo, Rossini ci dice che «Beverly Hillls 90210 e My So-Called Life (ABC, 1994-95) sono i primi esemplari di un genere destinato a una fortuna sempre maggiore negli anni successivi, il teen drama. Quando sulla scorta dell’esperienza della Fox furono creati due ulteriori network, The WB e UPN, il primo puntò con decisione al target più giovane. Ne vennero fuori Dowson’s Creek (WB 1998-2003), Gilmore Girls (WB 2000-2007), Una mamma per amica, e quello che è probabilmente il gioiello del genere e che contemporaneamente lo trascende: Buffy The Vampire Slayer (WB/UPN, 1997-2003). L’intento era quello di creare un rispecchiamento diretto tra personaggi e pubblico utilizzando il metro generazionale. L’elemento di maggiore riconoscibilità diventa l’età dei protagonisti. In un secondo momento si sono affermati numerosi topos ben precisi: un certo repertorio di personaggi, ambienti, trame ricorrenti: la cheerleader, l’atleta bullo, il misfit, la scuola, la camera da letto dell’adolescente come luogo di identità, la ricerca della vocazione personale e i riti di passaggio. Gli anni novanta rappresentano quindi un momento di grande espansione per le serie Tv, sia in termini puramente quantitativi che di possibilità stilistiche».

La riconoscibilità come chiave di volta generazionale è sbocciata anche nell’odierno humus di successo del prodotto seriale con la costruzione di vere comunità. I protagonisti diventano i fan che danno la loro risposta al testo e, con la loro produttività, acquistano un’importanza sempre maggiore e sono presi in seria considerazione dai produttori stessi.

Altro tema che ha investito in maniera preponderante il dibattito pubblico e mediatico del prodotto serializzato (così come il cinema) è quello relativo all’affermazione di una nuova categoria di protagonisti. Quest’ultima si discosta, come avevamo già precedentemente visto nel caso dei nuovi antieroi di casa HBO, dai tradizionali stilemi residuali del cinema classico di genere romantico, rispecchiando piuttosto il frastagliato panorama attuale. Un panorama fatto di conglomerati di comunità che convivono in delicati processi di integrazione, facendo riferimento soprattutto alla vasta categoria del mondo LGBT nel suo processo di affermazione.

Nel corso degli anni precedenti alcuni personaggi, seppur iconici, rimanevamo piacevoli eccezioni, nel lentissimo percorso di considerazione, come ci racconta la rivista Rolling Stone Magazine: «negli Stati Uniti questa rappresentazione fu inizialmente negativa, anche per via del Codice Hays, che dagli anni Trenta fino al 1967 proibiva un’esplicita messa in scena di temi considerati amorali, tra cui ovviamente il sesso e l’omosessualità. Un esempio di questo approccio è il bellissimo e delirante film Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph L. Mankiewicz, in cui l’omosessualità del defunto cugino Sebastian (che non si vede mai in volto) deve essere tenuta nascosta anche al prezzo di fare una lobotomia a Liz Taylor. Oppure un cortometraggio considerato educativo, il controverso Boys beware (1961), in cui si ammonivano i ragazzini a non accettare passaggi dagli sconosciuti. Il che non è poi molto diverso da quando Andreotti diceva che nei cinemini si potevano fare brutti incontri».

Poi fortunatamente, a partire dalla rivoluzione culturale tra la fine degli anni sessanta e gli inizi del decennio successivo, qualcosa cominciava a cambiare. Negli anni ottanta cominciarono così ad affacciarsi sul cambiamento anche le serie tv con il primissimo protagonista omosex, Steven Carrington in Dynasty. Altro iconico personaggio in una altrettanto iconica serie – ci spostiamo stavolta negli anni novanta – è quello di Denise in Twin Peaks. Siamo nel 1990 e fino a quel momento l’unico transgender apparso in tv era il pazzo criminale del Silenzio degli innocenti. Altro personaggio, baluardo dell’omosessualità al femminile, dell’ultimo ventennio, proveniente dal mondo della comicità, è senza dubbio Ellen DeGeneres protagonista dell’omonima serie “Ellen”.

Attualmente invece, facendo riferimento a un articolo uscito su Wired, i dati attestano un netto aumento della diversificazione di genere dei protagonisti del mondo LGBT: «Il tema della rappresentazione delle persone LGBT nei media è sempre più centrale nei dibattiti degli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda l’industria cinematografica e televisiva americana. Nonostante negli anni scorsi ci siano stati dei segnali controversi, nel 2018 Glaad, l’associazione cioè che monitora e promuove la rappresentazione mediatica LGBT negli Stati Uniti, ha diffuso il suo ultimo report in cui manifesta una valutazione positiva in particolare sulla tv Usa. Anzi, secondo l’analisi, mai come oggi nelle serie tv sono stati rappresentati così tanti personaggi principali non eterosessuali».

Ponendo soprattutto l’accetto su alcuni grossi casi mediatici del prodotto seriale di recentissima produzione, «nel periodo coperto dal rapporto, ovvero dal giugno 2018 alle previsioni per il maggio 2019, sono stati individuati in particolare due momenti che sono destinati a rimanere nella storia della rappresentazione. Da una parte il debutto di Pose, la serie Fx di Ryan Murphy (non ancora arrivata da noi in Italia) che ha arruolato il cast con il numero più alto di persone transgender nella storia della tv americana, e dall’altra l’imminente arrivo in Supergirl di Nia Nal, la prima supereroina transgender interpretata da Nicole Maines».

Concludendo con l’analisi di dati percentuali chiarificatori sul fenomeno in ascesa la percentuale di personaggi LGBT che hanno lo status di regulars (cioè principali, presenti in ogni episodio) nel primetime americano è salita dal 6,4% del 2017 all’8,8% del 2018, appunto una cifra record. Per la prima volta, in aggiunta, i personaggi LGBT di colore hanno superato quelli bianchi, mentre c’è stato anche un aumento dei personaggi transgender e bisessuali rappresentati nelle serie.

Serena Palmese
Fonte copertina serial.everyeye.it