Quando l’artista Jorit Agoch celebra l’ordinario e lo rende straordinario
Sguardi fissi e fieri, a volte impertinenti, altre volte, per contrasto, persi nel vuoto. Se vi state chiedendo chi è, Jorit Agoch è un pittore, un graffitaro, un’artista.
Per lo stesso motivo qualcuno lo chiama l’artista dei volti o l’artista del popolo, altri addirittura lo hanno incoronato il Bansky italiano, insomma chiamatelo un po’ come vi pare, ma se lo conoscete già allora sapete che sto parlando di un artista, un po’ napoletano e un po’ olandese, forse cittadino del mondo, sicuramente portavoce dell’umanità.
Umanità intesa come il diritto di far par parte di un qualcosa che va avanti nonostante noi, e di essere quel qualcuno che riesce a stare al passo.
Sì, perché capita spesso che se sei nato in una parte diversa di mondo, o vivi diversamente la tua vita, o è la vita che ti ha portato a vivere diversamente, allora hai un posto riservato sul carro degli esclusi.
Ma ecco che Jorit Agoch compie la sua rivoluzione e a colpi di spray cambia volto ad un muro, e per farlo, fa un ritratto, ma attenzione non di quelli belli che a vederli esclami “sembra una foto”, ma di quelli veri, che mostrano come si è interiormente, come forse nemmeno l’io sa di essere.
La sua è un’arte che rivela la realtà dei fatti, che incornicia le azioni, è un’arte che sceglie soggetti che devono avere un posto speciale nel mondo perché hanno fatto qualcosa di speciale.
Accade così che in Argentina trovi il ritratto di Santiago Maldonado, l’attivista che si è battuto per i diritti del popolo dei Mapuche, in Palestina, invece, sulla grande barriera israeliana, trovi un posto dedicato alla giovane attivista Ahed Tamimi, o ancora in Bolivia il ritratto intitolato Agua Santa, che raffigura una comune donna vestita con i costumi tipici del suo popolo, testimonia la forte mobilitazione mossa contro la privatizzazione dell’acqua nel 2000.
In Italia Jorit Agoch, ha scelto il volto di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, per dire che alla fine la verità vince sempre, mentre in un periferico Parco Merola (Ponticelli) una verità scomoda ha il volto di Ael, una bimba rom morta, come tanti altri bimbi, in un incendio che ha distrutto il campo dove viveva.
In altri casi invece l’artista, ha rappresentato una umanità divina, come nel ritratto dedicato a Maradona, che per il popolo napoletano è un vero e proprio Dio, o come ha fatto con il ritratto di San Gennaro, emblema della devozione napoletana, dove si è ispirato alla fisionomia di un suo amico per rappresentare un Santo.
Insomma, che si tratti di un “personaggio” o di una “persona”, con la sua arte, da voce agli emarginati, la gloria ai grandi e un volto agli sconosciuti.
E in queste opere, di inconsapevole grandezza, quando l’ultimo dettaglio è stato rifinito e l’ultima bomboletta riposta, e dopo che quegli occhi, quei nasi e quelle bocche hanno mostrato tutto ciò che c’era da mostrare, Jorit lascia a quei volti un regalo. Quelle due linee all’altezza delle guance, le scarificazioni, antica usanza dei popoli della Tanzania e del Kenya, che simboleggia l’entrata nella tribù, sono il permesso ad entrare nel mondo, sono le sue chiavi speciali, chiavi che aprono i cuori.