Lo sport come sollecitudine a una vita “normale”: libera la mente da ogni sua debolezza e preoccupazione.
Può capitare che l’allenamento diventi un appuntamento con se stessi, coi propri limiti e con la voglia di superarli, e allora quell’ora di sport diventa panacea per la mente, che si libera dalle sue preoccupazioni e si concentra sulla flessibilità dei fasci muscolari, sulla velocità di riflessi, su se stessa. Può anche succedere che l’appuntamento con lo sport si intensifichi, diventi un impegno che non pesa, un’allettante sfida con se stessi, fino a raggiungere livelli professionali, e, perchè no? Le Olimpiadi!
Un atleta che gareggia alle olimpiadi, dopo aver finito di allenarsi, quando rincasa, sente una soddisfazione interna e muscolare che è difficle da immaginare. Ma vi siete mai chiesti cosa sente un atleta che gareggia alle para olimpiadi? I para olimpici sono persone con handicap fisico che praticano sport.
I cinque cerchi si stanno diffondendo in maniera galoppante anche nel mondo delle persone con disabilità motoria. La loro genesi risale al lontano 1948, quando il neurochirurgo tedesco Ludwig Guttmann divenne direttore del centro lesioni spinali di Mandeville d’Inghilterra. Nell’anno in cui ci furono le olimpiadi a Londra, Ludwig idealizzo i primi giochi per persone con disagio fisico, infatti fece si che 14 uomini e 2 donne si affrontassero in una disciplina: quella del tiro con l’arco. Giochi di stoke mandeville furono chiamati e presto diventarono giochi internazionali con la partecipazione di una delegazione olandese (1952).
Le paraolimpiadi vere è proprie, però, appaiono per la prima volta a Roma, dove persone con problematiche fisiche evidenti – per l’esattezza 400 – vennero da ogni parte del mondo e sfilarono sulle proprie carrozzine, dinanzi ad un pubblico di 5000 spettatori. La delegazione più numerosa fu quella italiana. I giochi proposti furono: biliardo, lancio del giavellotto, scherma, pallacanestro, tennis da tavolo, e tiro con l’arco. In quell’occasione, l’Italia guadagnò 28 medaglie d’oro, 30 di argento, e 24 di bronzo.
Anche l’America però ha i suoi fuori classe: Trischa Zorn, ipovedente dalla nascita, ha conquistato nella sua disciplina – nuoto – ben 55 medaglie tra gli anni 80/2000. Questo ha fatto sì che campionessa è stata titolata una delle migliori dello sport paralimpico.
In Italia, abbiamo il campione diventato paraplegico a causa di un incidente sul lavoro, Roberto Marson che ha conquistato ben 26 medaglie, guadagnate non in una ma bensì in 3 discipline: nuoto, scherma, atletica leggera. Ad oggi, è l’azzurro più medagliato di sempre.
Serio e importante è infine l’impegno del comitato che organizza le paraolimpiadi nell’abbattimento di tutte le barriere, sia mentali che architettoniche, perché il diversamente abile venga considerato per quello che è: una persona.