C’era una volta l’origine di ogni fiaba, ripresa e in parte modificata in tanti cartoni o film della Disney. Perché?
Le fiabe delle Disney hanno abituato il grande pubblico ai lieto fine e all’amore che trionfa su tutto, spesso con il sottofondo di uccellini sonori o oggetti parlanti. Tuttavia l’originale di queste fiabe, tramandate di famiglia in famiglia, celano qualcosa di cruento, non adattabile sicuramente ad un pubblico di soli bambini. Dunque, nei cartoni o film della Disney sono seguiti alcuni tagli o elusioni. Di conseguenza ci chiediamo: “Cosa nascondono queste favole?”
La Sindrome di Stoccolma e la Bella e la Bestia
Arriva un punto in cui, quando sei prigioniero e privato della tua libertà, potresti innamorarti del tuo stesso aguzzino. Non succede a tutte le vittime, ma quando si manifesta, la si chiama Sindrome di Stoccolma. Si tratta di uno stato psicologico in cui la vittima di sequestro, che forse vuol reagire al trauma di essere in ostaggio, sviluppa un rapporto affettivo e di complicità con il suo rapitore. Probabilmente i sentimenti positivi dell’ostaggio nascono in seguito ad atti di gentilezza da parte del rapitore stesso, come il consenso di utilizzare i servizi igienici o di mangiare del cibo.
Volendo analizzare la fiaba della Bella e la Bestia, la Bestia non nega mai a Belle del cibo, un letto caldo, delle ottime vesti e tanto intrattenimento, dai libri agli strumenti musicali. Questi gesti col tempo inducono Belle a dimenticare quanto invece il mostro non le dà: la libertà. Infatti, la ragazza è giunta al castello dell’uomo in seguito ad un ricatto: se la donna vuole salva la vita del padre, dovrà recarsi da lui e sacrificare la sua di vita. Col tempo quel ricatto diventa una vera e propria prigionia, dato che non le è consentito di lasciare il castello, (fino a metà del racconto). Che gli oggetti con cui parla Belle (nella versione Dinsey) vogliano essere un campanello d’allarme?
Tuttavia queste immagini offrono anche una seconda lettura: Belle è una donna che va oltre le apparenze, scorgendo dietro le sembianze della bestia un uomo buono e intelligente. Infatti, in origine la bestia era un principe, ma il suo aspetto è stato mutato da una fata crudele, (almeno fino a quando una dama non si sarebbe innamorata del suo aspetto mostruoso). Tra tutte, Belle è l’unica che può distruggere il sortilegio, poiché è buona e pronta a sacrificarsi per gli altri, come appunto dice infine il principe:
“E così, in tutto il mondo, non c’eravate che voi così buona da potervi innamorare della bontà del mio carattere; offrendovi la mia corona non posso certo sdebitarmi di tutta la riconoscenza che provo per voi“, (Jeanne-Marie Leprince de Beaumont)(Il termine utilizzato dal principe è “riconoscenza”, non “amore”, quasi come se Belle sia stata solo una chiave per porre fine alla crudele magia).
“Bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l’ebano”(Biancaneve – Fratelli Grimm)
Nella versione dei fratelli Grimm, la protagonista è una bambina di soli sette anni, fiore di una bellezza inaudita. Ciò scaturirà l’invidia della sua matrigna, (mentre nella versione originale -una fiaba del 1812- è addirittura la madre), seconda a lei in termini di bellezza. Ed è possibile voler esercitare violenza su una bambina, cercare di ucciderla in modo barbaro, privandole del suo fegato e dei suoi polmoni? Si, nella storia dei fratelli Grimm questo scenario è possibile, poiché talvolta l’invidia, divorandoci da dentro, acceca così tanto da superare ogni limite.
Cosa accade in seguito?
Biancaneve cade nella trappola della matrigna, dunque trovata morta dai nani verrà posta in una bara di cristallo. Qui, la sua bellezza non appassita colpisce un principe giunto lì per caso, ma destinato a restare per sempre. Infatti, l’uomo chiederà ai nani di averla in sposa, poiché, esclama il principe “io non posso più vivere senza Biancaneve”. (Fratelli Grimm). Per questo motivo, il principe ordina ai suoi uomini di trasportare la bara, in cui giace il cadavere di Biancaneve. Sarà solo durante il tragitto che la donna tornerà in vita, poiché i servi inciampano in un arbusto e “la scossa fa cadere dalla bocca di Biancaneve il boccone di mela avvelenata”. (Uno scenario diverso dal tradizionale e romantico bacio dato dal principe a Biancaneve, nella versione Disney del 1937). E se invece la piccola non fosse risorta, cosa sarebbe successo?
Necrofilia e adulterio nella bella addormentata
Un simile scenario lo ritroviamo nella bella addormentata. Nella storia raccontata da Basile nel “Lo Cunto de li Cunti”, la donna è abbandonata in un castello e qui giace su una poltrona. Ciò non basta a frenare il principe di passaggio, che appena la vede “credennose che dormesse, la chiammaie; ma, non revenenno pe quanto facesse e gridasse e pigliato de caudo de chelle bellezze, portatola de pesole a no lietto ne couze li frutte d’ammore”. (Sole, Luna e Talia). La donna si risveglierà solo dopo nove mesi, poiché i suoi due bambini le succhiano dal dito il veleno che aveva causato la sua morte. Come reagirà in seguito la protagonista?
La donna amerà i bambini sin da subito, senza mostrare segni di rabbia nei confronti del suo stupratore. Non si arrabbierà neanche alla notizia dell’adulterio, dato che il principe è già sposato. Dunque, una donna remissiva che concede tutto al suo uomo: violenza fisica, necrofilia, abbandono, adulterio. Perché?
C’è del male anche in Cenerentola
Questa forza non mostrata da lei, la ritroviamo nella Gatta Ceneretola di Basile. Qui, la donna in cui ci imbattiamo non è la classica Cenerentola sottomessa ad ogni ordine o al volere del padre, ma un’assassina. Infatti, Zezzola (nella versione di Basile) arginerà l’ostacolo della matrigna severa uccidendola, mentre in seguito indurrà il padre a sposare un’altra donna. Questo piano le si ritorcerà contro, poiché avrà una seconda matrigna più perfida della prima.
Come ne uscirà?
Zezzola ancora una volta userà il padre come uno strumento, per ottenere quanto desidera: “Me raccommanne a la palomma de le fate, decennole che me manneno quarcosa e si te lo scuorde non puozze ire né ’nanze né arreto. Tiene a mente chello che te dico: arma toia, maneca toia”, dirà al padre. (Gatta Cenerentola). Saranno proprio queste fate ad aiutarla e condurla nelle braccia di un ricco principe, ponendo fine a tutti i suoi mali. Tuttavia perché le fate aiutano proprio una assassina manipolatrice?
La vera morale dietro la storia di Cappuccetto Rosso
Chi invece verrà abbandonata al suo destino è la piccola Cappuccetto Rosso. Infatti nella fiaba di Perrault, non ci sarà alcun cacciatore che libererà dalle fauci del lupo lei e la nonnina. Un dettaglio che non vuole spaventare i bambini, ma fungere da monito. Perché chi è Cappuccetto? Lei è una bambina che passeggia da sola in un bosco, che parla con uno sconosciuto, rivelandogli dettagli importanti. Infatti dice al lupo chi è, dove sta andando e per quale motivo. Inoltre, per la sua ingenuità, Cappuccetto non sospetta quello che vuole essere un secondo fine da parte del lupo: violenza fisica e carnale, dato che alla prima occasione l’animale invita Cappuccetto a togliersi le vesti e ad andare nel suo letto.
Ed è giusto mostrare un lieto fine per questa situazione o rivelare l’epilogo di Perrault? Ricordandoci che “non tutti i lupi son d’una specie, e ben ve n’è di astuti che, in silenzio, e dolciastri, e compiacenti, inseguon le imprudenti fin nelle case.” Dunque Perrault ricorda alle bambine imprudenti di fare attenzione, senza comunicare nessun messaggio al lupo, ossia quello di non essere più un lupo.