Un pescivendolo diventato capopopolo della rivolta contro gli spagnoli.
Tommaso Aniello d’Amalfi – detto Masaniello – nacque a Napoli in Piazza Mercato il 29 giugno 1620 da mamma Antonella Gargano e papà Francesco detto Ciccio. Egli oltre a fare il pescivendolo, era anche dedito al contrabbando, motivo per il quale ha conosciuto molti carceri.
Nacque e visse in un malcontento generale e ciò gli provocò una forte rabbia, fino a scatenare la rivoluzione del luglio 1647 contro gli spagnoli.
All’epoca, la maggior parte della popolazione era composta da poveri diseredati, vittime di un sistema di governo basato su sette livelli nobiliari: principi, marchesi, conti, duchi, baroni, patrizi e signori. Chi comandava in città era il viceré, che governava Napoli per conto del Re diSpagna, Filippo IV. Filippo era amato dai napoletani ma le condizioni sociali peggioravano ogni giorno sempre di più.
La rivolta si colloca nella prima metà del ‘600, e fu scatenata dall’esasperazione delle classi sociali più basse verso le gabelle imposte dai governanti sugli alimenti di necessario consumo.
Esattamente il 6 giugno 1647, alcune persone del popolo – guidate da Masaniello e dal fratello Giovanni – incendiarono i banchi del dazio a Piazza del Mercato. Furono assaliti i palazzi nobiliari e i palazzi delle imposte, le prigioni furono riempite dalle mogli e dai figli dei duchi e conti.
Masaniello, che a soli 27 anni, diventò, capopopolo non riuscì a tenere sotto controllo la situazione anche per la continua ossessione di subire un complotto ai suoi danni. Si narra che non riuscisse più a dormire, mangiare e bere, se non pochissimo, gestendo le difficoltà nella totale anarchia: si narra infatti che ordinò esecuzioni sommarie dei suoi opposti.
Ma il suo fiuto aveva intuito giusto: il rivoluzionario napoletano fu ucciso il 16 luglio 1647 con 5 colpi di archibugio, il suo corpo fu poi trascinato per le strade della città e infine gettato nella spazzatura. Poco dopo la sua morte, si iniziò a sentire la mancanza del pescatore, che anche se per pochissimo, era riuscito a migliorare le condizioni di vita della popolazione.
Contrite, alcune persone recuperarono il corpo e la testa, che dopo essere stati lavati con l’acqua del fiume Sebeto, furono ricuciti insieme. Infine la sua salma divenne oggetto di venerazione da parte delle donne, che lo invocavano come redentore.
Fu così che nacque il mito di Masaniello, un uomo, un rivoluzionario che è riuscito a far parlare di sé, ma soprattutto, a costruire un piccolo pezzo di storia di una città meravigliosa.