Ripercorrendo le orme dell’etnia zingara

Secondo articolo dedicato all’etnia zingara, con l’augurio di favorire l’inclusione

Lo strano percorso di ognuno di noi / che neanche un grande libro un grande film/ potrebbero descrivere mai” . Anni 2000. Cantava così Max Pezzali nel suo album “Il mondo insieme a te”. Nelle sue parole si rispecchia la vita di ogni essere umano, indistintamente dalla razza, dal colore della pelle o dalla religione. In questo articolo si intende invece analizzare l’intero ciclo di vita dell’etnia zingara, accompagnati da un sottofondo musicale.

Gelem, Gelem lungone dromencar ” 🎶
Ho camminato, e camminato per lunghe strade. -Inno Rom-

Il nomadismo è una delle caratteristiche principali dell’etnia zingara. Nell’immaginario collettivo sono spesso rappresentati in abiti sgargianti, su carri sfarzosi a ritmo di musica. Questi carri sempre in giro per il mondo sono così veloci da impedire la nascita di forme di governo ben salde. Sembra anzi che l’unica organizzazione sociale sia quella della kumpània, retta sull’importanza della famiglia, in cui ogni individuo ha uno scopo solo al suo interno.

Kumpània: tutti per uno e uno per tutti 📚
Tutti per uno e uno per tutti, uniti noi resistiamo divisi noi cadiamo”.
(Alexandre Dumas)
Foto dal web

Questa è la regola fondamentale della Kumpània. Quindi, ogni suo membro – che sia padre/marito, madre/moglie, figlio – da solo non è nulla. Volendo descrivere con un motto questa condizione prevale “tutti per uno e uno per tutti”. Poiché solo tramite l’impegno di ogni singola persona (in cui ognuno ha un ruolo prestabilito sin dalla nascita) si può vivere bene, portando avanti la società. La scuola, lo stato e ogni altra amministrazione, la sicurezza e la protezione, tutto è nelle mani della famiglia. (Una vera e propria istituzione). Al vertice ci sono gli anziani, considerati baluardo del passato e di ogni tradizione.

E se qualcuno trasgredisse le regole?

La giustizia si declina ancora una volta negli anziani, riuniti all’interno della Kris. Non si tratta del cantautore Kris Kristofferson ma del nome di un tribunale. Il suo compito è quello di ristabilire l’equilibrio, per via di conflitti sorti all’interno della Kumpània. L’iter è preciso: giudicare l’accaduto ed individuare il colpevole che verrà assolto o peggio condannato. Tra le possibili punizioni la peggiore è l’allontanamento dalla comunità, mentre le più temibili coinvolgono il soprannaturale.

Probabilmente il reietto verrà colpito da alcune presenze, che secondo le credenze zingare compaiono solo di notte. Possono essere i mulè -gli spiriti dei defunti- o i maske – entità malefiche che tormentano i vivi. Oppure potrebbero divenire preda del malocchio o di altri malefici. Infine oggetto di diatriba del kris sono spesso le questioni d’amore, come l’adulterio. Invece durante i momenti di pace come si organizzano i matrimoni?

Ti sposerò perché“💐
Ecco come l’etnia zingara prosegue la canzone di Eros Ramazzotti

Del matrimonio zingaro esistono varie tipologie. Il primo è la “fuga”. I due coniugi futuri scappano per un periodo indeterminato, per poi tornare e convolare a nozze. Entrambe le famiglie, anche se rivali, non possono più opporsi, poiché la fuga è interpretata come il congiungimento carnale. Il secondo è il matrimonio per acquisto. L’intera comunità deve versare una somma di denaro per permetterne l’intera organizzazione. Il gesto, tuttavia, non deve interpretarsi come un atto economico ma come un augurio speciale da regalare alla coppia. Infine i beni accumulati verranno spesi totalmente durante i festeggiamenti. Nell’ultimo invece, l’uomo rapisce la donna, chiedendo un riscatto ai genitori di lei. Ottenuto il pagamento si può celebrare il matrimonio.

Come ti chiami? Dillo prima tu

Per gli zingari il nuovo nucleo familiare si completa solo con la venuta di nuovi membri: i figli che sin dalla nascita ottengono più di un nome. Questo rituale ha visto lo scontro di vari studiosi, ognuno con una propria teoria. In primis durante il battesimo sembra che il nascituro riceva un nome zingaro, noto al solo gruppo di origine. Solo un secondo nominativo verrà registrato all’anagrafe e sarà quello conosciuto dal resto del mondo. La madre in questo modo vuole preservare il pargolo da possibili maledizioni.

“La prima poesia
che lessi
fu il sorriso di mia madre”

Anonimo
Foto dal web

Tuttavia la prudenza non è mai troppa. Infatti secondo altri studiosi la madre sussurrerebbe al bimbo un terzo nome, (coincidente con l’originale e noto solo ai due). Si tratta di una teoria suggestiva e romantica che crea tra loro un legame unico. Questo nome potrebbe tornare in morte, quando ormai il corpo è salvo da ogni possibile sciagura. Eppure secondo alcuni riti è vietato pronunciare il nome di un defunto. (Anche se solo per alcuni mesi).

Cosa resterà di noi

Gli zingari non devono curarsi di redigere un testamento, poiché nessun bene può vivere dopo di loro. In sostanza qualsiasi cosa sia appartenuta al defunto verrà bruciata. Ecco perché la persona scomparsa -all’interno della bara- non potrà indossare i suoi abiti, ma altri acquistati appositamente per l’occasione. Gli zingari in questo modo gli mostrano rispetto, perché potrebbero offenderlo usando in futuro i suoi oggetti. Infine l’atto della vestizione è destinato ad un membro esterno della famiglia, per evitare commozioni o dolori estremi. Importante è salvaguardare anche il suo pudore, impensabile dunque che una donna venga vestita da un uomo o viceversa.

Si conclude così un’altra vita. Un altra credenza ancora (detta libagione) vede questo momento addolcito dall’odore dei fiori, scomparsi sul suolo al passaggio del corteo funebre. Invece, all’inizio della cerimonia funebre si versano in strada alcune gocce di una bevanda, mentre tutti insieme pronunciano la formula:

Vasu Mule”

Infine si potrebbe pensare che quella persona riviva altrove. Infatti alcuni rami di questa vasta etnia credono nella metempsicosi: nel momento del trapasso l’anima si trasferisce in un animale o in un altro essere vivente.