Tonnellate e tonnellate di cibo sperperato, che potrebbero servire a soddisfare il bisogno di quanti non ne hanno accesso.
Non importa se siamo troppo felici, stanchi, annoiati o arrabbiati…Qualsiasi motivo è valido per mangiare. Andiamo al supermercato e riempiamo il carrello di cibo, più del dovuto. La vita e gli impegni ci fanno distrarre e dopo una settimana ci accorgiamo di dover buttare un terzo del nostro frigorifero.
Ogni anno vengono sprecate oltre un miliardo di tonnellate di alimenti. La crisi economia e la pandemia hanno peggiorato l’insicurezza alimentare, fomentando il divario tra quanti non riescono ad accedere alla giusta e sufficiente quantità di cibo e quanti, invece, ne hanno a disposizione fin troppo, tanto da sprecarlo.
Lo sperpero di cibo si compone di:
- Spreco, che è prevalentemente quello domestico. Infatti, per esempio, ogni anno in Italia vengono buttati 200 euro di cibo in ogni abitazione.
- Perdita, ossia la quantità di cibo dissipata durante, pre e post l’iter produttivo. Le cause, secondo i dati raccolti dalla FAO, sarebbero: infrastrutture e logistica carenti, mancanza di tecnologia, competenze, conoscenze e capacità gestionali insufficienti.
La situazione è a dir poco allarmante, considerando la crescita demografica che si prospetta nei prossimi decenni e il conseguente aumento di domanda di cibo che si verificherà.
Ognuno di noi può aiutare l’intera popolazione mondiale stando ben attento alla quantità di cibo di cui necessita. Questo perché diminuire la domanda significa diminuire la produzione di cibo, che di conseguenza verrà sperperato di meno.
La tecnologia giunge ancora una volta in nostro soccorso. Per quanto riguarda la perdita alimentare, un obiettivo da realizzare è quello di rendere la catena produttiva più efficiente, per esempio attraverso la tecnologia rfid, con cui si possono tenere facilmente sotto controllo la temperatura, la scadenza e la disponibilità di alimenti.
L’economia circolare è la risposta: consente di ricavare prodotti utili, che magari sono in eccesso da altri cicli produttivi, e di ridurre l’impatto ambientale, sempre più preminente, della produzione/distribuzione alimentare.
Ma noi, lettori e consumatori, cosa possiamo fare nel concreto, tutti i giorni, per aiutare il pianeta e, soprattutto, noi stessi?
- Compriamo cibi sani, semplici, sostenibili: evitiamo dunque prodotti confezionati, conservati, complessi.
- Scegliamo frutta e verdura “brutta”, che solitamente viene scartata e poi buttata, anche se buona.
- Acquistiamo il necessario, magari pianificando un menu e una spesa settimanale. Se dovessero comunque aversi degli avanzi possiamo reinventarli, cercando, per esempio, nuove ricette online.
- Compostiamo gli avanzi.
- Supportiamo i produttori locali. Facendo così, si riducono la distanza di consegna e l’inquinamento.
- Quando acquistiamo pesce, scegliamo le specie più abbondanti e, soprattutto, catturate o allevate in modo sostenibile, ecologico e certificato.
- Ricicliamo bene i rifiuti speciali, che potrebbero danneggiare acque e suolo, portando ad una riduzione della fecondità dei terreni. Una delle cause principali di deforestazione è proprio il bisogno di nuovi appezzamenti di terra da destinare alla coltivazione.
- Conserviamo bene i cibi, stando ben attenti al confezionamento, oppure optiamo per il sottovuoto, che è un metodo ormai economico e semplice, dato che le macchine ad uso domestico sono facilmente reperibili.
- Controlliamo bene la scadenza. C’è differenza tra “scade il”, con il quale si avverte il consumatore che l’assunzione di quell’alimento oltre la data segnata è o può essere pericoloso, e il “da consumarsi preferibilmente entro”, che non indica un imminente pericolo.
- Infine, condividiamo le nostre conoscenze con il maggior numero di persone possibili così da creare una rete, che man mano può infittirsi ed essere sempre più potente ed efficace.