Metodi di lavorazione, dedizione e tanto amore. Tutto ciò che rende questa bevanda tra le più apprezzate al mondo
“Vide Napule e po’ muore!” Aforisma pronunciato dal famoso scrittore tedesco Goethe che visitando Napoli, restò estasiato dalle bellezze e dal calore dei napoletani. Citazione nota in tutto il mondo che può avere diversi significati e che noi interpretiamo così: “dopo aver visto Napoli non hai bisogno di visitare niente altro (ossia puoi anche morire).”
Napoli la città dalle tante risorse, ricca d’arte, di paesaggi mozzafiato, dal clima mite, grazie alla presenza del mare, piena di artisti, musica e di convivialità e tradizioni! Ma ce n’è una che sicuramente conosceranno tutti: il rito della tazzulella ‘e cafe’ che sulo a Napule ‘o sanno fà (come ci insegna il noto cantautore Domenico Modugno).
Quello che forse non tutti conoscono che in realtà il caffè non ha origini napoletane: la prima città italiana ad assaporare il caffè, infatti, è stata Venezia nel 1570, quando il padovano Prospero Alpino ne portò alcuni sacchi dall’Oriente. Perché allora il caffè napoletano si differenzia da tutti gli altri, risultando il più buono?
Spesso il sapore che contraddistingue la moka napoletana si dice sia dovuto all’acqua proveniente dalla fonte del Serino, alla miscelazione, alla tostatura, per poi passare al talento del barman.
A Napoli il caffè è un rito immancabile, un rito sociale, è una scusa per fare quattro chiacchere, per scambiare una battuta, è un ritrovo. Ecco perché è il più buono, perchè non è un semplice caffè, ma una filosofia di vita. Viene servito rigorosamente in una tazzina di ceramica e accompagnato da un bicchiere d’acqua che va bevuta prima, per assaporare meglio l’aroma del caffè.
Il napoletano, per la sua generosità e fantasia, ritenendo questo momento molto importante, ha inventato il caffè sospeso. Una tradizione nata nel Rione Sanità che consisteva (e consiste) nel pagare due caffè: uno per se e l’altro “sospeso” per chi sarebbe entrato nel bar ma non poteva pagarlo. “prendiamoci un caffè”,” ci vorrebbe un bel caffè”, a Napoli queste frasi hanno un significato ben preciso, sono un modo per di dire “vediamoci”, “passiamo del tempo insieme”, “prendiamoci una pausa”, “chiariamoci”, “calmiamoci”, si, perchè il caffè a Napoli ha anche il potere di calmare!
Considerata un’abitudine fondamentale, c’è davvero un mondo dietro attraverso il quale, esplorandolo, si possono comprendere i gusti della gente: c’è chi lo prende corretto, chi con una punta di anice, può essere servito macchiato con una goccia di latte e per i più golosi con granelle di nocciole e polvere di cacao; poi c’è con l’aggiunta di panna. Insomma ce n’è per tutti i gusti!
Ma il vero napoletano ama gustare il caffè amaro, senza aggiunta di dolcificanti e soprattutto deve rispettare la regola delle tre c (che non riportiamo, ma chi è napoletano lo sa benissimo! E se non siete napoletani, un amico di Napoli ve lo spiegherà senz’altro, magari portandovi al bar!)
Oltre le tre c, i requisiti per un buon caffè espresso si racchiudono anche nelle 4 M: la M-ischela del caffè napoletano è inconfondibile per il suo gusto forte ed intenso e per la formazione di uno strato denso e cremoso in superfice; la M-acchina, che i baristi napoletani preferiscono a leva, a differenza di altre città italiane dove si utilizza quella ad erogazione continua; la M-acinatura deve non essere né troppo fine, né troppo grossa, per evitare di conferire al caffè un aroma di bruciato e infine la M-ano del barista, la sua esperienza, la passione e la sua creatività.
“Quando io morirò, tu portami il caffè, e vedrai che io resuscito come Lazzaro.” (Eduardo De Filippo)