“Quel sol che pria d’amor mi scaldò ‘l petto, di bella verità m’avea scoverto, provando e riprovando, il dolce aspetto.” Dante Alighieri

Breve viaggio sui misteri del lago d’Averno, tramandati dai poeti classici

Come l’inferno, il purgatorio e il paradiso si rispecchiano nel lago d’Averno

Il giovane Amleto, riferendosi alle stranezze del suo palazzo, confida al suo mentore: “Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. E se di misteri vogliamo parlare, non possiamo trascurare quelli del lago d’Averno. Ci troviamo nel comune di Pozzuoli, fra la frazione di Lucrino e il sito archeologico di Cuma. La sua nascita risale a 4000 anni fa, quando si formò in una conca vulcanica ormai spenta. Le curiosità sul luogo sono davvero tante, partendo dalla sua etimologia.

“Averno”: perché si chiama così?

Nel VI libro del De Rerum Natura, Lucrezio spiega che alcune paludi si chiamano Averni, “poiché sono contrari a tutti gli uccelli”. Questi infatti, dimenticandosi l’arte del volare, precipitano giù, come se fossero inghiottiti dalle acque del lago. Un po’ come Narciso, che per specchiarsi in una fonte d’acqua perse la vita. In ogni caso la spiegazione è scientifica: le esalazioni solforose emanate dalla conca erano nocive, quasi come un veleno. Da qui la scelta del toponimo Avernus, dal greco άορνο e con il significato di privo di uccelli.

Dalla caduta dei volatili alla perdita della consonante laterale [l]

Francesco Ribezzo condivide un’altra teoria: il termine Avernus discenderebbe da Lavernus, ossia grotta. In seguito, per via di un fenomeno filologico detto dissimilazione regressiva cadde la [l]. Dunque il lago si presenterebbe come una grotta, sprovvista del canto degli uccelli e con gas nauseabondi. Se inoltre aggiungiamo la lava incandescente e un bosco tenebroso è facile intuire perché venisse considerato come un accesso all’Oltretomba (non dimentichiamo che Averno può assumere anche il significato di Inferno). Questa insomma era la mentalità dell’epoca, ripresa da molti poeti. Ma quali misteri possiamo trovare al suo interno? Per saperne di più abbiamo sfogliato alcuni libri. 📚

Le porte bronzee dell’Inferno

In tramonto delle leggende, estratto dal libro la vita italiana nel Trecento, Arturo Graf colloca nei fondali del lago le porte bronzee dell’inferno, scardinate da Cristo per liberare le anime purgate. Se approfondiamo la lettura, intuiamo che il parallelismo Vulcano/Inferno era molto diffuso. Infatti l’Etna viene presentato come un “vestibolo dell’Inferno” presso il quale i diavoli portano le anime dei dannati.

Alcune foglie particolari che cadendo scelgono la loro destinazione

A parlarci di un altro mistero del Lago d’Averno è il drammaturgo Sofocle. Un suo frammento parla di alcuni alberi con una strana tendenza: nessuna delle loro foglie, staccandosi, cade al suo interno. Difficilmente possiamo trovare una spiegazione razionale. Si pensi soltanto che Plinio il Vecchio scriveva l’esatto opposto.

Un guerriero disposto a tutto pur di vincere

Nella sua Ab Urbe Condita Tito Livio esamina la figura di Annibale, un bellicoso disposto a tutto pur di prevalere sul nemico. Secondo alcune dicerie poteva cedere persino all’antropofagia, ossia l’uso di cibarsi di carne umana; inoltre aveva la strana abitudine di compiere dei sacrifici in onore di alcune divinità infernali, ed il suo tempio era proprio nei pressi del lago d’Averno. In particolare, nel 214 a.C. durante la seconda guerra punica dichiarò di volersi recare proprio lì. In realtà era solo uno stratagemma per attaccare la città di Potuoli.

Veduta di Pozzuoli
Veduta di Pozzuoli

Intanto se le sue consuetudini fossero vere o fasulle non possiamo saperlo! Perché poi invocare delle divinità malvagie e non benevole?

L’arte della profezia nella Sibilla Cumana

Il termine misteri si declina bene nella figura della Sibilla Cumana, la cui dimora è stata erroneamente collocata nei pressi del Lago d’Averno. Molti poeti hanno descritto questa figura mitologica come la somma sacerdotessa italica, che presiedeva l’oracolo di Apollo e di Ecate. La donna trascriveva i suoi vaticini sulle foglie di palma, resi criptici dall’avanzare del vento, il quale formava un gran caos.

La sua triste storia

Ovidio è il primo a tramandare la sua storia. Quando la sacerdotessa ci viene presentata ha ormai 700 anni, la sua bellezza è appassita ed è in un limbo tra vita e morte. Eppure la Sibilla Cumana ha avuto giorni migliori. Come quando il dio Apollo le promise ogni cosa, nel vano tentativo di lusingarla. Dunque la Sibilla raccolse un pugno di sabbia, chiedendo di vivere quanto il numero di granelli che aveva fra le mani. Ma il dono mutò in tragedia o forse vendetta. Col tempo fu costretta a convivere con un corpo raggrinzito, curvo, stanco, pieno dei segni dell’età. Purtroppo si dimenticò di chiedere o meglio specificare dell’altro: voleva vivere a lungo, ma in un corpo giovane, non maturo ed in seguito anziano. Sempre più debole, il dio Apollo volle proteggerla in una gabbietta, di cui col tempo rimase solo una flebile voce.

Infine una piccola curiosità: per molto tempo si è pensato che l’antro della Sibilla Cumana si trovasse presso il lago d’Averno. Solo nel 1932 si è scoperto che invece si trova nei pressi del sito archeologico di Cuma.

Parco archeologico di Cuma
Parco Archeologico di Cuma
Dante segue la sua “scorta” collocando la bocca dell’Inferno presso il lago d’Averno

Volgendo lo sguardo altrove e pensando ad altri misteri, ci imbattiamo nel bosco che delimita il lago d’Averno. Secondo una teoria di Galileo Galilei, questo dovrebbe coincidere con la selva oscura dantesca. Lo scienziato si muove dagli studi di Manetti, il quale colloca la bocca dell’Inferno tra Cuma e Napoli. Dante, dunque, “per seguire la sua scorta” colloca ivi l’Inferno. Per quali motivi? “Prima, perché ’l cerchio della sboccatura dell’Inferno passa a punto intorno a Napoli; secondo, perché in tal luogo, o non molto lontani, è l’Averno”. Ma sarà davvero così? Quando Dante scrisse i primi versi della Commedia aveva in mente la città di Napoli? Noi crediamo ( e speriamo) proprio di sì!

Vi lasciamo dunque sulla sua soglia della selva oscura, liberi di proseguire il viaggio in perfetta sicurezza. Infatti la conca è attualmente spenta, libera dai gas e ricca di flora e fauna. Oggi appare come un’oasi tranquilla, dove si possono trascorrere momenti di relax e svago, visitando i centri di cultura che il luogo offre. Insomma è lontano dall’inferno che i poeti hanno descritto, ed appare come un Paradiso in terra.

Se vuoi saperne di più, vedi la scheda dedicata al lago, sul sito FAI, i luoghi del cuore. Infine non dimenticare di lasciarci un commento, per tramandare altri misteri sul lago d’Averno o semplicemente per condividere il tuo pensiero!